Molto spesso nel mio lavoro di coach incontro donne che hanno uno splendido potenziale che è oscurato da stati d’ansia, depressivi, fatica di vivere e sfiducia.
Osservando le loro storie la mia mente ritorna a qualche anno fa, quando anch’io mi sentivo sfiduciata, costretta a fare un lavoro che non mi piaceva per potermi mantenere, e rinchiusa in un ruolo che mi stava soffocando.
La somma di tutte le esperienze della mia vita, “positive o negative” ha creato quella che sono oggi e mi ha permesso di ascoltarmi meglio, ascoltare quella parte di me che senza vergogna chiamo Anima e decidere di aiutare le altre donne a fare lo stesso.

Oltre la mente razionale
Le donne che vengono da me hanno, in apparenza, tutto: un lavoro stabile e decentemente retribuito, un marito o un fidanzato, magari anche già dei figli. La società le considera “brave” e per questo motivo le spinge a non chiedere di più, perché-in teoria- questo è tutto ciò che vogliono e che hanno anche già ottenuto, quindi perché lamentarsi?!

Invece non è proprio così: dietro alla lavoratrice che fa il suo dovere spesso si nasconde un talento che per mancanza di tempo non riesce a esprimersi, dietro ad una moglie devota una donna che vorrebbe seguire le sue ambizioni ma non può perché il marito “non vuole”, dietro la studentessa modello una giovane ragazza che vorrebbe seguire la sua passione e trovare il suo posto nel mondo.
E così, mese dopo mese dopo mese, anno dopo anno, si vive immerse in questa condizione, ci si convince che va bene così.
Che non ha senso ascoltare quel sussurro che ogni tanto fa capolino e ci dice che non è così che volevamo vivere, che potremmo provare a cambiare vita, che c’è qualcosa di più che ci aspetta. Qualcosa di aderente alla nostra parte più profonda.
Se per qualcuno questo meccanismo di distrazione da se stesse funziona, per altre qualcosa si inceppa.
Perché il corpo va in aiuto dell’Anima, la aiuta ad esprimersi, nel solo modo che ci costringe ad ascoltarlo: facendoci stare male.
Ecco che allora compare la tachicardia, l’ansia, gli attacchi di panico, o la depressione.
La nostra Anima vuole che l’ascoltiamo, che ci mettiamo al suo servizio per realizzare il nostro più grande potenziale, per farci brillare.
Ma coperte da sovrastrutture giudicanti, gabbie imposte dalla società, paura di rompere gli schemi accettati e accettabili, continuiamo imperterrite ad ignorare i segnali del nostro corpo, che in definitiva sono un tentativo di comunicazione della nostra Anima.

Un pezzo della mia storia
Siccome credo molto nel valore della condivisione, soprattutto della propria vulnerabilità, il testo seguente racconta di una mia esperienza, che vuole essere proprio uno spiraglio per tutte le donne che in questo momento stanno attraversando qualcosa di simile, per dire loro che non sono sole e che una speranza c’è.
Infatti se ci mettiamo in ascolto della nostra Anima, se recuperiamo i pezzi che abbiamo perduto, la nostra vita può cambiare, e il corpo smetterà di gridare.

“A circa ventidue anni ho sofferto di attacchi di panico.
Ero appena tornata dall’Erasmus in Germania e stavo vivendo uno shock culturale al contrario, da rientro.
Mi sembrava tutto troppo superficiale, rumoroso e confuso.
Mi sentivo in balia degli eventi, così tanto che il mio corpo non tardò a manifestare tutto il suo malessere.
Stavo cercando la mia strada e autosabotarmi era il mio sport preferito, ma neanche lo sapevo, inconsapevole com’ero di quello che mi stava accadendo.

Stavo cercando di adattarmi ad una realtà che mi imponeva di “fare la brava ragazza”, cercando di uscire velocemente da una casa in cui non stavo per niente bene da anni, di mantenermi da sola e di scegliere gli studi in base a quanto questi mi avrebbero garantito un lavoro.
Mentre mi forzavo tutte le mattine a prendere un treno per andare a fare un lavoro che mi metteva un’ansia pazzesca, proprio lì, in quella carrozza, mi assalivano.
Sentivo la testa nel pallone, il cuore che batteva all’impazzata, le mani tremare e il fiato corto, cortissimo.
Gli attacchi mi catapultavano in un’altra dimensione in cui avevo solo paura, terrore di non sopravvivere.
Continuò così per altri 4 mesi, quando decisi di lasciare quel lavoro che davvero per me non aveva alcun senso.

I miei attacchi, neanche a dirlo, scomparvero.
Anni dopo capii che era proprio il fatto che io non ci trovassi nessun senso a farmi soffrire.
In quel periodo la mia Anima tentava di parlarmi, di dirmi che non era il caso di accettare tutto, che anch’io avrei potuto trovare qualcosa che avesse un Senso per me.
Perché era questo il punto: essere totalmente sconnessa da me. Non seguire la mia essenza, e anzi, rimuoverla.
E gli attacchi tentavano-per quanto dolorosamente- di riportarmi a me, di mostrami la chiamata.

Per questo ora riesco a stare anche nelle posizioni scomode della vita, a faticare, a reggere ritmi pesanti, a non mollare: ho riconosciuto la chiamata e l’ho seguita, e ho ritrovato la connessione con la mia Anima.”

Per questo ho deciso di dedicarmi al supporto delle donne, nei loro momenti di trasformazione, perché so quale grande potenziale è nascosto dentro ciascuno di noi e quanto avere qualcuno al proprio fianco che tifa per te può fare la differenza.

Se vuoi il mio sostegno prenota la tua discovery call qui o scrivendomi direttamente a: [email protected], sarò lieta di sostenerti nel cammino verso la tua Anima. Lei è lì che ti aspetta.

Antonella

Testo protetto da Copyright, riproducibile in parte con fonte citata.

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